Dopo 1000 e passa giorni di attesa pandemica siamo finalmente tornati al CSS day, l'evento per web developer organizzato a Faenza, dai ragazzi del Grusp, nel mitico Cinema Sarti.
La cosa bella delle conferenze è che si imparano tante cose, si consolidano conoscenze già acquisite e si rivedono tante persone. Ma la cosa ancora più interessante è conoscerne di nuove.
Un momento del talk di Andrea Verlicchi
In questa edizione
Tra i talk di quest'anno che mi porto a casa (anche perché sono i pochi che da designer ho compreso):
Massimo Artizzu, con una presentazione dal titolo «CSS ci spia». Già qui ha attirato la mia attenzione. In quanto esperto web developer ha mostrato alcuni segreti sulla sottrazione dei dati e il tracciamento nell'Internet che di certo non mi aspettavo. Ansia.
Mentre Andrea Verlicchi ha mostrato alcune tecniche per ottimizzare le immagini per migliorare le performance delle pagine web. Ne aveva parlato anche al nostro Bologna Front End.
Luigi Patricelli ha raccontato di UX design attorno al tema delle form, parlando di estetica, funzionalità e gerarchie.
Io con Claudio Caciagli, co-organizzatore con me del Bologna Front End meetup
Dopo un paio d'anni di stop pandemico è finalmente tornata la Bologna Children's Book Fair, un'imperdibile occasione per fare ricerca visiva (e incontrare alcune vecchie amiche).
Ho preso un po' di appunti fotografici che voglio condividere con te.
la Libreria Internazionale curata dalla Libreria Giannino Stoppani di Bologna
Lo stand della Corea del Sud
Direttamente dalla Seoul International Book Fair, lo stand coreano si è caratterizzato per questa installazione gialla e magenta sommersa di pubblicazioni interessanti (come sempre).
Lo stand coreano
Lo stand di Taiwan
Il più sensazionale, a mio parere. L'idea di ricreare un mercato locale con le varie pubblicazioni in mostra ti porta a continuare a girarci attorno. Per non parlare del logo con il led.
Lo stand di Taiwan
Le bancarelle come espositori
Il logo con la luce led
Randomness
con Lucia Castellani (aka @breadandjam)
«Nella notte di Milano» con le acquaforti di Federica Galli, i disegni di Sarah Mazzetti e i testi di Simone Mosca
con Agnese Baruzzi
«Nowhere girl» di Magali Le Huche
«Des trucs comme ci des trucs come ça» di Bernadette Gervais
La conferenza sul libro «Vota lupo!» di Magali Clavelet
«Le feu au sommet de la montagne» di Julien Billaudeau
Non so molto del fumetto classico, so poco o niente dei personaggi e delle rivalità tra Marvel e DC Comics, ma ogni volta che mi capita di andare a visitare una mostra su un fumettista storico rimando a bocca aperta.
Questo il caso di Jack Kirby. Mostri, uomini, dei, la mostra monografica organizzata da Associazione Hamelin per Bilbolbul 2018, festival internazionale del fumetto. L'ho visitata senza sapere a cosa andavo incontro, da semplice curioso. L'unica cosa che sapevo era che ogni mostra alla Fondazione del Monte, in ogni edizione del festival, si è sempre rivelata valida. L'altra che mi folgorò fu quella bellissima dedicata a Chris Ware per Bilbolbul 2016. E così è stato anche per questa di Kirby.
Come sempre quando vedo le tavole originali di questi maestri è l'enorme precisione nell'usare l'inchiostro, nell'usare i rattoppi e anche l'enorme perizia nel disegnare i caratteri tipografici. Che siano le onomatopee tipo BANG! SWISH! BOOM! oppure i titoli degli episodi, il lettering è sempre molto curato e, ai miei occhi, bellissimo.
Ho raccolto alcuni dettagli che mi hanno colpito in queste foto.
Ieri sono tornato alla meravigliosa Bologna Children’s Book Fair, l’evento di riferimento non solo per chi lavora nell’editoria per bambini e ragazzi, ma anche per chi, come me, è appassionato di illustrazione, libri, grafica. Qui trovi il racconto della mia gita all’edizione 2015.
I miei obiettivi primari sono sempre gli stessi:
visitare la mostra degli illustratori selezionati (76 artisti su 2.901 partecipanti da 62 paesi), quest’anno ha vinto Sarah Mazzetti
visitare lo spazio del Paese Ospite d’Onore (ogni anno c’è un paese del mondo ‘ospite’ delle Fiera che ha uno spazio speciale), quest’anno la Svizzera
fiondarmi a vedere cos’hanno preparato i Coreani (che ogni anni mi fanno impazzire).
Ore 9, all'ingresso, gente da tutto il mondo
Una porzione del famoso «Muro degli illustratori», dove ogni illustratore lascia il proprio recapito
La mostra degli illustratori
Ying-Hsiu Chen (Taiwan), Departure
Anna Sarvira (Ukraine), The cat who lived a million times
Yu-Tung Tai (Taiwan), Pururu
Santiago Wardak (Italia), The recatcher
Holman Wang (Canada), Great job, dad!
L'identità visiva
Quest'anno l'identità visiva della Fiera mi è piaciuta davvero tanto. Il progetto, come sempre diretto da Chialab, quest'anno aveva come protagonista le meravigliose illustrazioni di Masha Titova, vincitrice del concorso illustratori dell'anno 2018. Ogni spazio fisico della fiera (il Caffè degli autori, il bookshop ecc) era caratterizzato da illustrazioni diverse e coordinate tra loro.
Il lavoro di creazione di questo universo visivo è stato raccontato in alcuni pannelli all'ingresso della mostra degli illustratori e in questa pagina web.
Svizzera, paese Ospite d’onore
Quest’anno era la Svizzera ad essere il paese Ospite d’onore, con una mostra e un catalogo dall’identità visiva molto riconoscibile. Allestimento super sobrio, ma efficace, tutto basato sulle lettere dell’alfabeto.
Non ho potuto non comprare il loro catalogo, molto ben realizzato, bella carta e bellissimo progetto grafico. Hanno anche fatto un bel sito per l’occasione bologna2019.ch.
Font svizzero + belle illustrazioni: slurp!
Lo stand Cina
Con una bella mostra di illustratori al suo interno.
Randomness
Personaggini simpatici
Brooom
Ciao draghetto
Il nome più bello
Fondali che renderebbero piacevole anche la più noiosa delle riunioni
Passeggiata nel bosco
All’improvviso Taiwan
Dopo avere visitato lo stand della Corea del Sud, che è sempre stupendo, mi sono imbattuto casualmente nel bellissimo stand di Taiwan, con tanti librini da sfogliare e delle belle tavole in mostra. Non mi aspettavo tanto, l'anno prossimo so già che cercherò non solo la Corea del Sud, ma anche Taiwan.
La mostra di Taiwan
Dino
:-(
Drin!
Alla fine della fiera, in tutti i sensi, sono tornato a casa con tante immagini stupende, stampate su cartoline, libri, poster, borsine. Non mi resta che visitare le mostre in città.
Emmaboshi (abbreviato in E): Grafico post maniera, seconda esperienza di mercati, spaventato
Marco (abbr. M): designer, amico, compagno di stand, veterano di tanti mercati, calmo
Venditore di tovaglie antimacchia (abbr. VT): vicino di stand, esperienza mercati livello Van Damme, viscidezza livello Slimer
Venditrice di tovaglia antimacchia (abbr. VT, sì come il collega uomo, le battute sono intercambiabili): vicina di stand, parlantina livello Bergonzoni vs Vanna Marchi.
Passanti: umanità varia che cammina ininterrottamente per tutta la durata dello spettacolo in tutte le direzioni tra il pubblico e gli stand
VT: Gazebo doppio fortificato modello Palazzo dei Papi di Avignone
Ambientazione
Bologna, Giardini Margherita
Periodo storico
Tarda primavera del 2017
ATTO I° - Venerdì
Il sipario si apre con i due protagonisti E+M che allestiscono il loro gazebo comprato su Amazon due giorni prima. È arancione e fragile, ma alla fine dignitoso (scrivere recensione positiva su Amazon). Di fianco a loro si vede l’ala ovest del gazebo fortificato dei Venditori di Tovaglie, allestimento perfetto, mille tovaglie piegate sui tavoli che lo circondano, ponte levatoio e aria condizionata.
E — Oggi hanno messo pioggia?
M — Sì forse due gocce nel tardo pomeriggio.
E — Ah, ok. Senti ma questi poster dove li appoggio, non vorrei che si rovinassero.
M — Prova a metterli lì dietro.
E — Sì mi sembr (si interrompe)
VT - BUONGIORNO SIGNORA HA PROVATO LA TOVAGLIA ANTIMACCHIA GUARDI OLIO CAFFÈ COCA COLA VEDE NON SI MACCHIA LA LAVA A QUARANTA GRADI E NON LA STIRA SIGNORA
E (rivolto ad un passante che si è fermato a guardare) — Sì ciao queste magliette le progetto io qui a Bologna, vedi questa è fatta in collaborazione con una illustratrice bravissima qui di Bologna che ha realizzato il pattern tropicale che vedi qui apposta per questa t-shirt.
Passante — (annuisce)
E — Sono tutte in cotone biologico, hanno una mano liscissima, senti, cucite secondo i criteri dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, senza sfruttamento e a basso impatto ambientale, come sai nell’industria tessile per abbassare i prezzi sempre di più sfruttano i lavoratori, le risorse naturali Passante — (continua ad annuire) Hey Lucia vieni a vedere che carina questa Passante 2, avvicinandosi — Uhm sì, dai andiamo passiamo dopo.
Passante 1 — Grazie, magari passiamo dopo.
E — Tieni ti lascio questo (porge un flyer al passante), sul sito trovi tutte le produzioni, c’è anche una newsletter che scrivo io con le anteprime delle nuove grafiche a cui sto lavorando, preordini a prezzi speciali e
VT — TOVAGLIE ANTIMACCHIA SIGNORI SI LAVANO A QUARANTA GRADI E NON SI STIRANO CHE BEL CAGNOLINO SIGNORA COME SI CHIAMA FUFI BEL NOME VENGA A VEDERE ARRIVEDERCI CI SIAMO FINO A DOMENICA MA I PEZZI MIGLIO CI SONO OGGI SIGNORA TOVAGLIA ANTIMACCHIA SIGNORI GUARDATE
Inizia a piovere in scena. Nel Gazebo Zattera E+M si guardano e corrono a prendere i teloni, iniziano a fissarli rocambolescamente al gazebo. La pioggia si infittisce.
E — I POSTER! (sposta i poster al coperto) LE SCATOLE CON LE MAGLIE! Presto! Via via via! Fissiamo meglio i teli con le pinze, dove sono le pinze. Ah merda il telo è lercio. Marco mi passi una pinza? Grazie
M — Una molletta qui Emma, presto!
Nel frattempo i venditori di tovaglie, arroccati nel torrione mansardato, vanno in stand by.La pioggia aumenta e si mischia a grandine. Il gazebo Zattera somiglia sempre più al quadro di Géricault, inizia a piovere dentro, M apre un ombrello mentre E fa defluire un fiume d’acqua che attraversa il retro, dove il tombino è otturato, tenendo sollevato il telone con un piede mentre sposta di nuovo i poster incorniciati e con lo sguardo cerca altre brecce. La pozza d’acqua sul pavimento del gazebo Zattera aumenta.
E — Cazziamo la randa!
La scena rimane sostanzialmente invariata per quaranta minuti.
ATTO II° - Sabato
Sole, caldo, i passanti triplicano.
E (rivolto a M) — Direi che dopo l’uragano di ieri oggi può solo andare meglio.
M — Speriamo
E — Fa un po’ caldino qui sotto vero?
M — Si muore.
E rivolto ad una prospect
— Sì ciao questa borsa fa parte dell’omaggio che ho voluto fare al telefono a rotella. C’è anche la t-shirt uomo in bianco e in giallo, quella da donna invece è più slim fit, con la maniche più corte, e c’è anche questo zaino, comodo perché te lo puoi tenere piegato in borsa e tirare fuori solo all’occorrenza. Sempre cotone biologico, sempre
VT — SIGNORA HA PROVATO LA TOVAGLIA ANTIMACCHIA DI CHE MISURA CE L’HA IL TAVOLO SIGNORA SUL TAVOLO TONDO METTE LA QUADRATA STA BENISSIMO VEDE NON DEVE NEANCHE CANDEGGIARE PENSI AL RISPARMIO
ATTO III° - Domenica
Gli attori ripetono questo pattern di battute per 10 ore e per tutto l’ATTO III° intervallata da alcune vendite.L’opera si conclude con lo smontaggio generale, facce stravolte tipo post maratona, entrano alcuni Ducato Maxi in scena, i venditori di tovaglie si scusano MA SE NON FACCIAMO COSI LA GENTE MICA SI FERMA MI DISPIACE PER I NOSTRI VICINI.
Una cosa divertente che non farò mai più è il titolo italiano di un’opera di David Foster Wallace che ben descrive la mia giornata di ieri in veste di espositore all’East Market di Milano Lambrate, dove ho presentato la nuova Emmaboshi Collection.
Essendo ormai sedici anni che faccio il mestiere di grafico non sono mai stato abituato a fare il mercante in fiera. In questi anni ho imparato a fare il venditore one-to-one, o one-to-few, presentando in maniera chiara il mio progetto visivo al committente.
Già per arrivare a questo ho dovuto faticare e studiare molto attentamente Don Draper presentare le sue campagne di advertising, evitando però di passare tutto il tempo, come Don, a bere Old Fashioned e ad essere turbato. Il mio ring è stato sempre una sala riunioni, un tavolo, delle sedie, alcuni fogli, non un enorme hangar con duecento venditori, tutti evidentemente più scafati di me.
Ad ogni modo, il dado era tratto e anche la Emmaboshi Collection si meritava la sua presentazione in società. One-to-many.
Alle ore otto antimeridiane bisognava essere pronti per allestire per cui la sveglia, a Bologna, è stata puntata alle ore quattro e trenta (sì, hai letto bene). Cinque e trenta caricamento dell’apposita Mégane Scénic del mio compagno di ventura Christian Deligia, col quale avrei condiviso lo stand 2x2,5m.
Christian aveva già partecipato ad una edizione del market, il che lo metteva in una posizione di ‘veterano’ rispetto a me. Per fortuna lui è molto meno ansioso di me.
La via davanti alle due entrate dell’hangar è tutto un brulicare di furgoni, macchine, persone, tutti intenti a scaricare. Inizi a riconoscere gli esperti perché hanno il carrellino, noi da novellini andiamo giustamente a braccia. Immagino nell’era neolitica il primo uomo che inventò la ruota e la faccia di tutti gli altri che sbiancano. Gli altri eravamo noi.
Il nostro loculo è assegnato con dei crocini di gesso tracciati sul pavimento composto da bellissime assi di legno semi distrutte dall’usura. Montiamo tutto e iniziamo a fare conoscenza con i nostri vicini. Tutti positivi e cordiali, si respira aria di fratellanza tra chi si è alzato presto di domenica mattina per tentare la fortuna. Questa cosa, almeno lato mio, ha creato all’istante un senso di appartenenza e di tribù.
Alle dieci il mercato apre, inizia la musica «che dà veramente un tono all’ambiente», come il tappeto di Lebowsky. Un ragazzo dello staff gira per gli stand con un carretto a pedali vendendo caffè, tè, brioche per gli allestitori. Giustissima lettura delle necessità, non ti puoi allontanare dallo stand, ti sei alzato presto, te lo consegno a domicilio. Tornerà con birre nella seconda parte della giornata.
I primi visitatori i sono signori del quartiere, anche anziani, in coppia, a volte con i loro cagnolini, che fanno la passeggiata domenicale. Mi domando se possano essere un mio target, scopro che non lo sono. Non sono il target di nessuno, ma va bene lo stesso.
La folla cresce, nel frattempo provo vari tipi di ordinamento delle t-shirt realizzando che lo stendino in se non è diverso dalla homepage del mio sito (che ti ricordo è emmaboshi.net/shop), ovvero la prima t-shirt dello stendino è la grande immagine che fa da copertina del sito, tutte le successive non sono altro che i blocchi di contenuto che scrollando la pagina ti portano al footer.
Cerco di capire quale grafica stia attirando più curiosità rispetto alle altre, leggendo le statistiche, ovvero lo sguardo dei visitatori, la loro età apparente, lo status sociale, le pagine che seguono su Facebook, tipo di arredamento di casa e altri dettagli che su Google Analytics faccio più fatica ad incrociare.
Inaspettatamente registro che più gente del previsto è attratta dai poster, che mi ero portato dietro come completamento dell’offerta, ma che pensavo in quel contesto di abbigliamento che sarebbero stati semplici gregari. Non conoscevo però il contesto East Market, pensavo fosse 50% vintage e 50% design, invece è un mercato 99% vintage di abbigliamento ma anche arredo, quindi la gente è lì per vestiti e oggetti.
I poster li avevo incorniciati per esporli, sottovalutando che così erano dei begli oggetti già fatti e finiti. Infatti scopro che la gente vuole sì i poster, ma li vuole già incorniciati. «Cado dalle nubi» (cit) e con il mio tipico ritardo mi rendo conto che oltre al bel soggetto, bella carta, bei colori, sono disposti a pagare di più per avere il prodotto finito da appendere, senza lo sbattimento di andare all’Ikea a cercare una cornice.
Perché non ci avevo pensato prima?
Perché sono un grafico, che vive di grafica, e pensa che la grafica basti, trascurando in questo caso le esigenze dell'utente, il quale non ha tempo né voglia di completare un prodotto che acquista. Oggi sono più maturo, ma ieri ho perso almeno quattro clienti disposti a pagare il doppio per avere il poster già incorniciato. A loro ho detto, «Se passi a fine giornata te lo vendo incorniciato, ma ora mi serve da esposizione». «Ok», mi rispondono. Secondo te li ho rivisti?Esatto. Ho esaurito le mani da mangiarmi.
Tutti comunque incuriositi dai poster, chiedono il prezzo e ascoltano volentieri la storia di ognuno di essi (la giraffa, Lucio Fontana, Nikola Tesla, Freak Antoni). In omaggio assistono anche ad un po’ del mio teatrino, che mi sale spontaneo quando ho una storia solida da raccontare.
A tutti lascio il flyer (utilissimo!), perché se non sei cliente oggi magari lo puoi essere domani (con calma eh, senza fretta), da casa tua, o magari ti iscrivi al bollettino, dove di teatrino ne faccio molto. La giornata scorre lentamente, il caos aumenta, il sonno incombe, l’ansia da vendita si insinua nel sistema nervoso. Qualche vendita. Sono le cinque di pomeriggio ma con il mio fuso è già mezzanotte. Ora è il momento di essere freschi perché c’è il picco di traffico. La musica aumenta, trovo non so dove (birra?), una riserva di energia per lo sprint. Passano tanti amici milanesi a trovarmi (vi amo) e alcuni di questi che non posso citare svoltano il mio incasso della giornata. Non smetterò mai di ringraziarli. Altri mi portano entusiasmo, supporto morale e possibili agganci alla realtà milanese. Cose immateriali, che non entrano nel mio severissimo file di Excel, ma sono potenziali strade di business nuovo. Patrimonio immateriale.
Metà degli acquisti sono stati fatti da persone che già conoscevano storie riassunte nella Emmaboshi Collection, l’altra metà l’ha scoperta lì per lì e l’ha apprezzata. Sunto? Racconta tutto, per bene, o lascia perdere. È quello che online cerco di fare da tempo, ora lo farò anche dal vivo nei prossimi mercati, a Bologna 12–14 maggio Giardini Margherita, 19–21 maggio Serre dei Giardini Margherita.
Quindi, tornando al titolo di questo post, non è che non farò più mercati, ma non farò più delle alzatacce alle 4:30 am per parteciparvi. mi auguro.
La giornata volge al termine, gli espositori iniziano a smontare rapidamente e in silenzio, tutti provatissimi. Si chiacchiera, ci si chiede a vicenda com’è andata, riaffiora l’alchimia tribale della mattina.
Scatole, furgoni, fumo, rotelle che sferragliano. Ad un certo punto il nostro vicino di stand, espertissimo venditore brizzolato di vintage che ho studiato per tutto il giorno mi si avvicina, nel capannone ormai deserto, e con un sorriso vero e stanco mi porge una piccola confezione di cartone. Al suo interno un Tronky. Se non è fratellanza questa.
(immagine di me al ritorno, all'area di servizio Secchia Ovest, ore 23:35)
Anche quest’anno il Kerning si è confermato un appuntamento chiave per chi lavora nella grafica in Italia. Si è tenuto sempre a Faenza, sempre al Cinema Sarti.
Il visual di quest’anno
Il visual, calligrafico, di questa edizione è stato curato da Luca Barcellona, che ha scritto «Black fire on white fire» in un blackletter frizzantino. Tutto molto bello, ma ho perso due ore a cercare di capire cosa ci fosse scritto nella seconda riga.
Grafico inglese che ha lavorato alla grafica degli ultimi dischi di David Bowie, tra cui The Next Day e ★. Racconta di come la semplicità finale di queste due copertine abbia scatenato il cosiddetto popolo del web che ne ha fatto delle varianti esilaranti.
In questa foto il font Bastard che ha progettato nel 1990.
Interessante anche il lavoro di ridisegno sui font dei murali simbolo del conflitto in Irlanda del Nord. Li ha studiati e raccolti nel progetto Resolution: Northern Ireland e resi scaricabili gratuitamente (per uso politico!).
Una dettagliata ricognizione di ciò che è stato il disegno di caratteri tipografici nell’Ottocento in Italia, un argomento a quanto pare poco conosciuto, ma di enorme ricchezza.
Un viaggio tra bellissimi specimen e caratteri floreali di 'mille e una' mini tipografia italiana, caratteri in piombo.
Fondatore della mitica digital agency Clearleft, Richard Rutter ci racconta di come la scelta dei font appropriati amplifichi la potenza del messaggio che si vuole trasmettere. Ad esempio lo stile tipografico di un manifesto 6x3 deve colpire, interrompere, bucare, quello di un libro invece deve essere il più invisibile e fluido possibile, per rendere scorrevole la lettura.
Il font inteso come il vestito delle parole, quindi, come per l’abbigliamento, esistono omologazione (tutti che usano gli stessi font, mode), malintesi (font sbagliati per il contesto) e correttezza (qual è il font più adatto? non per forza il più bello).
Blasonatissimo calligrafo, writer e rapper ci racconta il suo lavoro e di quanto sia importante la cosiddetta mindfulness, che da come l’ho intesa vuol dire in qualche modo perdersi nella propria concentrazione mentre si lavora. Ovviamente è necessario che ti piaccia quel che fai (dettaglio non trascurabile). Ci mostra anche questo video in cui lui scrive, mentre un karateka fa la sua cosa.
Inglese anche lui, con uno studio che porta il suo nome di recente acquisito dal colosso Monotype. Ha lavorato per il CERN di Ginevra, che un giorno si è presentato da lui e gli ha detto: abbiamo 11.000 siti che non c’entrano niente uno con l’altro. Ci potete aiutare a creare una sistema di design coerente per tutti? Beh, abbastanza stimolante / paralizzante.
Qui c’è un suo post Design systems in difficult places e qui il suo talk, registrato alla Smashing Conference di San Francisco il 6 aprile 2016.
Ieri si è conclusa Foto/Industria 2015, la seconda biennale di fotografia industriale organizzata dalla Fondazione MAST. Quattordici mostre (14!), a ingresso gratuito (gratis!), in diverse sedi della città (Bologna!) e io me ne sono viste una decina. Spoiler: sono una più bella dell'altra.
Pinacoteca: David Lachapelle
Stampe giganti con colori super glamour, in pieno stile Lachapelle. Monumentali raffinerie di petrolio sono ricostruite con lattine, cannucce, barattoli. Tutto molto metafisico e luccicante. Voto: De Chirico sotto ecstasy.
Palazzo Pepoli Campogrande: Edward Burtynsky
Una incredibile proieizone di foto. Bellissimo l’allestimento, con delle panche oblique, il buio, l’ottima spazializzazione sonora. Stupende foto di cave, campi di colture intensive, enormi geometrie umane a spese della natura. Orrore e meraviglia. Voto: soia OGM.
Fondazione Carisbo: O. Winston Link
No questo mi ha ribaltato. Sono entrato senza leggere il pippone all’entrata (per il problema di cui sopra), e mi sono lanciato nella immagini. Bellissime foto in bianco e nero, anni Cinquanta, Stati uniti rurali, inizio a immergermi, e inizio a vedere che in ogni foto, vicino al drive in con le auto decappottabili, nella finestra di un umile interno, in un paesaggio, c’è sempre una imponente locomotiva a vapore nera che sbuffa. L’epifania.
Insomma tutto questo progetto fotografico non è solo sulla vita in Virginia nel 1956, ma è un progetto sulle ultime corse dei treni a vapore della Norfolk and Western Railway. In ogni dannata foto, già bellissima di per se, compare il treno. Allora l’immersione è ancora più profonda, lacrime, caldane, tutto. Già solo questa mostra valeva tutto. Voto: il treno ha fischiato.
Fondazione Del Monte: Gianni Berengo Gardin
Classicissimo bianco e nero, foto di industrie tessili, impianti tipografici, depositi di tram, Milano. Sempre stupende, ma niente di nuovo. Voto: babbo.
Museo Della Musica: Kathy Ryan
Oh, qui entrado ho pensato «Eccola la mostra tiepidina, finalmente». Entrando vedo delle stampe quadrate, piccole, molto diverse una dall’altra, apparentemente senza un nesso, poi leggo che si tratta del racconto di una giornata del capo del servizio fotografico del New York Times Magazine (scattate da lei stessa), e tutto inizia a prendere senso. Poi scopro la sala attigua dove c’è la solita stupenda proiezione, con panche, musica elettronica stile Matmos (rumore di matita su foglio, telefono che squilla, violino in lontananza ecc) ed è wow. Le stesse foto di prima sono proiettate grandi 2x2m, mi immergo. Bellissime geometrie, giochi di luce, ritratti, uffici vuoti, particolari dell’edificio (del buon Renzo Piano). Voto: Made with iPhone.
Museo Della Storia Di Bologna: Hein Gorny
Eccole, foto di prodotti, anni Trenta, bianco e nero, tedesche, ora sì che mi scende la catena, e invece no (mannaggia)! Sono composizioni incredibili, geometriche, razionaliste dei prodotti Pelikan (quella della cancelleria), Bahlsen (quella dei biscottini buoni buoni) e Rogo (produttrice di nylon, boh). Svengo quando vedo una fotografia di aghi, non per la mia fobia degli aghi, ma per la bellezza ordinata della composizione. Voto: wafer ricoperti di cioccolato.
Museo Di Palazzo Poggi: Léon Gimpel
Che caldo! No davvero, abbassate un po’ il riscaldamento. Beh comunque, foto minuscole di luminarie parigine negli anni Venti, le prime, le più pionieristiche. Preziosissime, sembrano dei positivi retroilluminati. Tutti molto pigiati, troppa gente, ho visto poco, ma quel che ho visto era molto molto suggestivo. Da approfondire. Voto: Lumiére.
Insomma, a Isabella Seragnoli, che ha reso possibile tutto questo, regalo il mio cuore (in omaggio anche la mia anima). Allego foto di me dopo le mostre, con una testa così:
Typo Berlin è una delle conferenze più interessanti in Europa dedicata a noi grafici, type lovers, new typographers, type designer, type addicts, type enthusiasts. Gli facevo la corte da anni, e finalmente è arrivato il momento. Questo è il mio racconto di una tre giorni di inspiration overload. Fai finta di essere al bar con me che scorro le foto sul cellulare e te le descrivo con grande foga, ma senza sputacchi e con la comodità che puoi chiudere e andare senza dovere inventare nessuna scusa.
Day 1: Haus der Kulturen der Welt, Berlin
Location pazzesca, tanti piccoli stand, libri, brochure, poster.
Diceva, fagliela un'identità visiva alla Casa delle Culture del Mondo
E trovami una sala da mille posti
Jon Bargeman, Encourage the ferret
jonburgerman.com Parte tutto dal video del furetto che attraversa un campo da calcio e nessuno sa come prenderlo. Ovviamente nessuno è stato mai addestrato per prendere un furetto in corsa e chi ci riesce è perché sta improvvisando. Così parte il suo talk, parlando di improvvisazione e di casualità. L'illustratore di New York arriva sul palco vestito con una giacca giallo banana tutta scarabocchiata (da lui). Parla dei suoi esperimenti a Williamsburg come fette di limone giganti attaccate a secchi e bidoni della strada. Ed è subito cocktail.
Dipinge sui muri, scarabocchia su carta, fa diventare le sue illustrazioni tridimensionali per una sua mostra invitando i visitatori a giocarci, ricomporle, creare storie.
Livello lacrime: fiume.
La Haus der Kulturen der Welt vista dalla prestigiosa terrazza
Vuoi fare felice un grafico? Libri libri libri.
Ma anche würstel würstel würstel.
La borsa dell'evento, fatta tipo Freitag, con la chicca della personalizzazione con lettera adesiva, rigorosamente con font e colore giusti.
Workshop gratuiti (ma a posti limitati) di questo genere.
Oliver Reichenstein, Structuring information
Digital Designer (Zurich), fondatore di information Architects ia.net (già così le lacrime sarebbero incontrollabili). Mostra le foto della Shīgaia Ōshan Dōmu, la famosa spiaggia artificiale giapponese, solitamente photoshoppata male nelle brochure e oggi chiusa.
Vive 10 anni in Giappone e racconta di come la complicazione inutile delle interfacce renda inaccessibile l'informazione ai più.
iA ha curato l'architettura dell'informazione del nuovo sito del Guardian. Lasciatemi qui.
George really wants to make you smile. Un ragazzo che è finito addirittura in un laboratorio di ingegneri aerospaziali per farli divertire e progettare insieme dei satelliti. Snocciola una infinità di case histories con la leggerezza che solo gli americani entusiasti sanno avere.
La sua folgorazione quando a Central Park è comparsa questa installazione di Christo.
Inizia a schizzare idee su fazzoletti, la cosa gli piace perché lo costringe ad essere immediato e sintetico. Ci prende gusto.
Conclude dicendo che fino a quel momento ci ha mentito. Che tutti i progetti che abbiamo visto non erano fatti da lui, ma da questo bambino. Morale: vai a svegliare il fanciullino che dorme in te.
Livello lacrime: pioggia tropicale.
Notte
La bellezza di questa metropolitana
Autophotobombing
Se hai tempo fallo un manifesto carino
Luc(as) de Groot
lucasfonts.com Parla dei font estremi che ha progettato, dal più sottile al più largo, super wide e super thin. Parla della quantità di glifi che contiene un font ben progettato, i suoi antenati de Groot/the Great. Mostra le foto dei suoi font in azione, dai preparati per dolci sugli scaffali del supermercato a delle insegne ale due metri.
Livello lacrime: rubinetto che perde
Mondaine
Megaspot per la Mondaine, ci spiegano quanto è importante per loro il lettering e il loro connubio tutto svizzero col font Helvetica. Ci mostrano le schermate preparatorie per i loro quadranti.
Livello lacrime: lago di Ginevra.
Peter Biľak on The history and future of font licensing
Ci racconta di come il sistema di licensing per l'utilizzo dei font, così com’è, ora non funziona. Ci porta gli esempi di Spotify e Pandora che con un milione di riproduzioni su Spotify fruttano all’autore del brano poco meno che il guadagno della una vendita di una tshirt. I font sono costosi da comprare a scatola chiusa, ed è illegale rubarli. Ci presenta quindi la sua opera: Fontstand, il suo nuovo progetto di noleggio font equo sia per il typo designer che per i grafici. Puoi provare il font, paghi una frazione del suo costo ogni mese, se lo vuoi usare per sempre lo compri, altrimenti hai speso solo per l’affitto. Estremamente interessante.
Illustratrice, typographer, lettering artist da Sydney specializzata in hand lettering. Ci mostra i suoi lavori, è bravissima, dipinge sui muri scrive su carta, lavora con molte riviste.
Grafico americano mattatore sul palco con video, musica e grande humor.
Ci riepiloga il suo percorso lavorativo, da quando ha rifiutato lo sport a quando ha iniziato a lavorare per gli amici snowboarder facendo loghi, per poi passare a lavorare nel magazine di riferimento per gli snowboarder.
Lo staff di Obama lo chiama per disegnare un logo che finisce su tutti i cartelli di cantiere pubblici degli Stati Uniti.
Dedica il suo speech a suo padre.
Livello lacrime: concerto dei Led Zeppelin.
Josh Higgins on Building a character
joshhiggins.com Nato punk rocker, finito a girare gli Stati Uniti sotto contratto di una major, ha aperto, tra gli altri, anche per i Fugazi. Per me avrebbe già vinto, ma non basta.
Viene chiamato dallo staff di Obama per dirigere il team grafico per la sua campagna 2012 di rielezione.
Lavori strepitosi «for the man».
Racconta del redesign della pagina di donazione, dei vari AB test condotti: foto grande/foto piccola, video di Obama/non video di Obama, ecc. La campagna Obama ha raccolto $1.2 miliardi, di cui online $625 milioni, una cifra mai raggiunta prima. Dice che grazie ai test AB hanno evitato di perdere circa $125 milioni.
Finita la campagna è stato chiamato a lavorare da Facebook. Non se la passa male.
TypeCooker is a tool for generating type-drawing exercises. The system creates a random list of requirements for a typeface, but with relevant criteria. Each exercise will contain different rules. That does not necessarily result in a nice, pretty or useful design, but it will always be possible to design something to fit the problem.
Revisione dei lavori di calligrafia dei ragazzi con video proiezione. Super interessante.
Erik Kessels
kesselskramer.com Eccolo, lui. Quello che ti ribalta come un calzino. Non so neanche come raccontarlo. Fondatore dell'agenzia KesselKramers, sbalordisce tutti con delle campagne pubblicitarie raffinate e potentissime. Una su tutte quella per The Hans Brinker Hotels, una catena di hotel (molto) economici.
Ci parla dei libri che cura, raccogliendo foto ai mercatini delle pulci, ricostruendo storie.
Ci racconta del lavoro dei fotografi di mucche, una cosa incredibile. Dedica un progetto fotografico ora in mostra a Reggio Emilia al padre restauratore di auto Topolino per hobby, ridotto in stato di infermità da un infarto nel 2013.
Così sono andato a curiosare al Fuorisalone di Milano.
Senza skinny jeans, senza scarpe alla moda, senza ventre piatto, senza barba lunga e senza tatuaggi. Like a stranger in Moscow.
Questo è quel che mi son portato a casa.
Prima di tutto le sontuose installazioni di giganti come Asus, Lexus, in posti giganti tutti bui, caldi e claustrofobici, come questi:
Non sono venuto a Milano per vedere questo.
Per fortuna poi si esce (è mezzogiorno) e si scoprono dei giardini, al primo piano, di questo genere. E ti torna il buonumore.
Una signora stende i panni in Zona Tortona suscitando curiosità tra designer che si chiedono se per caso non fosse un performance di qualche marchio indipendente. Nel dubbio la taggo con: #stendino #design #swag
Bel lettering e belle cose selezionate dal gruppo olandese Tuttobene. Sì si chiama così.
Stallo di designer all'ingresso dello spazio espositivo.
Tipico scambio di campione di materiale in cambio di dati personali.
Finalmente queste famose officine Ex-Ansaldo. Una città dentro la città dentro la città. Nel capannone qui in fondo vengono prodotto le scenografie per il Teatro alla Scala.
Stand istituzionale Francese. Bella grafica. Bei colori (va bene sono quelli della bandiera, ma son belli).
Compassi! Da quanto tempo non ne vedevo uno.
Stupendi.
Il café della rivista francese Intramuros. Niente di che, se non che hanno delle belle sedie e un bel logo.
Vedi come lo catturi un grafico?
Popcorn con la spilla. Non capisco, ma mi adeguo.
La mitica Chaise A compie 80 anni.
Poi incontri Daniela Galvani (a dx) con il suo progetto What a space. A sinistra la mia guida Claudia (grazie!).
Un fantastico sgabello a dondolo con seduta in pietra di Lucas Munoz.
Ricostruzioni in legno dipinto di svariati oggetti by Camilla Barnard. Effetto Celebrity Deathmatch.
Delle pratiche lampadine potentissime con luminosità ridotta da una specie di calzino. Voto: #energysavingwhat?
Potentissima installazione firmata Piero Lissoni per il marchio tailandese COTTO allo Spazio Alatha di via Savona.
La mia guida Claudia su un fondale rovinato ad arte. Voto: Arsenale di Venezia.
Quando un grafico incontro un manifestino rosso con un testo bianco a bandiera a sinistra scappa sempre un inchino.
Poi si finisce nello showroom Stone Island dove vengono servite badilate di stile. A cominciare dall'edificio.
Dentro: spazio, pulizia, silenzio, prodotti esposti come opere.
Poi le vetrate blu che fanno sembrare ectoplasmi.
Moooi non ha badato a spese con uno spazio livello hangar, ricchissimo di installazioni, oggetti, luci, tappeti, fondali. Da starci delle ore.
Un pratico unicorno a dondolo per adulti.
Fienile.
Un tappetino così.
Pranzo da Angelo’s, un posticino meraviglioso in via Savona. Consigliatissimo.
Ora inizia la follia, Tokio Design Week Milano. Un brulicare di micro-stand all'interno di un edificio enorme (un'abitudine ormai). Sembra di passeggiare per Tokio, per come mi immagino Tokio. Luci, colori, monitor, realtà aumentata, sorrisi e inchini a profusione.
In questa foto, un pratico cuscino.
Tu che finisci in un videogioco con la realtà aumentatissima, ma l'impressione che lasci è diminutissima.
Delle piadine/lampade da tavolo. Stupende.
Ed eccola. L'installazione più bella per l'app più incredibilmente poetica che abbia mai visto. Si chiama Heart is in, notare anche la bellezza dell'url http://heartis.in. Un solo cuore, che viene passato tra due utenti. Uno tocca, e il cuore compare all'altro. E via così. La poesia.
Una pioggia di palline appese a dei fili. Che sbattimento.
La realtà aumentata di prima, vista dall'alto. La diminuzione persiste. Ok è diverte, ok.
Il Museo delle Culture! Identità grafica strabiliante, palloncini colorati, starchitect, vetrofanie. Il grafico va in brodo di giuggiole.
Tanti palloncini sono sempre tanti palloncini.
Varianti del monogramma, ciao.
Più giuggiole please.
Ancora giuggiole, qui please.
Claudia e gradienti rosa viola. Molto bene.
Uno che suonava un piaforte super futuristico di fianco ad un campo di bacchetti di fibre ottiche che si muovevano tipo grano per Honda. Vabè.
Vivaio/defaticamento.
Una bella partita a bocce da Morna, locale con annessa bocciofila (o viceversa) da passarci tutta una vita. Posto giustissimo.