Mini-moti. Ieri, nel tardo pomeriggio sono andato in Piazza Maggiore. Già, sono andato a sentire Giuliano Ferrara. Anzi, a non-sentirlo. Non è stato possibile, perché alcuni non-giovani dei centri non-sociali hanno creduto di contestarlo. Invece hanno soltanto urlato, sbraitato, mimato il triangolo della vita con le dita (si, proprio quella parolina che inizia per F!), strillato, gridato, scalciato, tirato uova, lanciato pomodori, scagliato mini-mortadelle, deformato la Piazza. Non erano dunque moti rivoluzionari, ma reazione all’ascolto. Più che moti, mini-moti. Rettifico quanto scritto in Gorgonzola. Non sono borghese. Perché la borghesia è la culla dei diritti civili e politici. E non credo che tutti, visto quanto è successo ieri, siano pronti per goderne. Sicuramente non ne ha goduto Ferrara, che dopo la medaglia al plus-valore appuntata sulla giacca di velluto (dove il plus è l’uovo: più che carbonaro, carbonara!) è partito alla volta di Imola. Ma i mini-moti colpiscono le mini-persone. Per questo non hanno impedito a Ferrara di parlare, ma a loro di imparare e a me di ascoltare, di porre un quesito, sollevare perplessità. Che ne direbbe Martin Heidegger? Beh, credo che riaccenderebbe la sua domanda fondamentale. Perché l’ente e non piuttosto il niente?

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