Natura. Di ritorno a Bologna ho notato con costernazione la morte delle mie piante aromatiche. Il guaio dell’abitare soli. E che nessuno ri-proponga il tema dell’abbandono degli animali. Qui si parla di rosmarino, di salvia, di maggiorana. Morta la maggiorana, un arbusto si erige sul suo terriccio agonizzante. Classico, le erbacce non hanno bisogno di noi. Da qui, una riflessione. I movimenti naturisti che si alternano nel corso dell’evoluzione del pensiero, hanno un denominatore comune. Il terreno. Proliferano quando la fiducia nelle capacità positive degli esseri umani scende ai minimi storici. Il Walden di Thoreau, L’attimo fuggente, Tolkien e gli agriturismo. Ma siamo sicuri che la natura sia – in sé – così buona da costituire un rifugio dal (dis)umano? E se è un rifugio per tutti, che ne è della natura? Non è la morale di Into the Wild?

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