Musica pesante Musica pensante

La Musica, dice Daniel Barenboim, lotta continuamente per esistere, per evitare di venire risucchiata dal Silenzio e cioè dal Nulla.
La sonata per pianoforte op. 109 appartiene all’estrema produzione di Beethoven e per luogo comune accademico e di popolo viene considerata difficile e astrusa,benché siano trascorsi circa 200 anni dalla sua venuta al mondo.In realtà se tutti si beano delle opere pittoriche o letterarie o filosofiche del primo ‘800, i cosiddetti classici,l’unica spiegazione di tale luogo comune è che quella sonata raggiunge vertici assoluti di pensiero musicale e richiede che l’esecutore, ma ancor di più l’ascoltatore, si affacci sull’abisso delle possibilità umane per cercare di trascenderne i limiti. Beethoven, all’epoca, aveva fatto della sua sordità pressoché totale il veicolo per superare il limite dell’Umano (la materia) e concentrarsi sul mondo assoluto dei suoni, dove tutto è rappresentabile. Nel Tema con variazioni, terzo movimento lungo quanto metà della sonata stessa, un tema pacato, quasi ultraterreno viene trasformato senza apparenti virtuosismi e delinea un percorso che è metafora di ogni possibile modo di esistere, nel mondo e nella musica. Ritorna infine quel tema in conclusione del processo conoscitivo.Il pianista deve vivere questa esperienza tenendo conto dell’unica e immensa campata che dall’inizio del movimento conduce alla fine. L’ascoltatore, intuendo la circolarità del tempo musicale, riconoscerà che quel tema oltremondano da cui è partito e a cui si ritorna è mutato. L’esperienza del passaggio non si è svolto nel tempo delle cronologie ma nel tempo della Musica.
Prima di tornare nel Nulla.

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